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Negli ultimi tempi si è riscontrato un incremento di interesse delle Autorità sia estere (UE e non UE), sia italiane per la comunicazione “green”.
I sondaggi dimostrano che oggi più del 60% dei prodotti recano un’asserzione ambientale e che, purtroppo, la maggioranza di queste non sono affidabili. Di conseguenza, i consumatori possono essere fuorviati o, peggio ancora, ingannati da messaggi finalizzati a suggerire una falsa impressione su impatti o benefici ambientali, fenomeno riconducibile a una pratica deprecabile e nota come “greenwashing”.
In assenza di una normativa cogente, gli standard UNI EN ISO che fin dal 2000 sono stati elaborati su richiesta della Commissione per regolamentare la comunicazione “green” e le numerose Linee guida che i singoli Stati o Istituti di Autodisciplina pubblicitaria hanno pubblicato, non sono stati tenuti in particolare considerazione.
Per ovviare a tale situazione, l’UE ha pubblicato la direttiva 2024/825/UE che ha modificato la direttiva sulle pratiche commerciali scorrette.
Attraverso la corretta applicazione della direttiva, l’UE mira a stabilire delle regole specifiche per evitare il “greenwashing” e proteggere i consumatori e l’ambiente, fornendo le linee guida per una corretta comunicazione ambientale volta a potenziare inoltre la competitività delle imprese che realmente si stanno impegnando nella sostenibilità ambientale.
Per garantire che i consumatori ricevano informazioni ambientali affidabili, comparabili e verificabili sui prodotti, la direttiva include criteri chiari su come le aziende dovrebbero formulare i green claim e come dimostrare, con evidenze di supporto documentate, tali asserzioni. La Direttiva, tuttavia, non è ancora pienamente applicabile, in quanto necessita di recepimento da parte dei singoli Stati e la deadline per tale recepimento è fissata al 26 settembre 2026.
In questo periodo, quindi, pur costituendo la stessa un importantissimo punto di riferimento, la cui conoscenza è imprescindibile, manca ancora di operatività concreta.
Allo stato attuale, quindi, occorre continuare ad applicare quegli strumenti “volontari” che, sia a livello nazionale, sia internazionale, costituiscono l’unico mezzo per una corretta comunicazione “green”.
Negli ultimi anni, particolare enfasi è stata data alle caratteristiche ambientali del packaging.
Il fenomeno si è pertanto declinato in una miriade di asserzioni ambientali che poggiano sulle capacità di sostenibilità ambientali dell’imballaggio, utilizzato per i propri prodotti, trasformando questi claim in vere e proprie leve commerciali.
In questo contesto di non certezza, il workshop si concentra sia sull’applicabilità dell’attuale quadro giuridico di riferimento anche attraverso l’analisi di alcune pronunce delle Autorità di vari Paesi, sia di quello futuro con un approfondimento del testo della direttiva 2024/825/UE
Negli ultimi tempi si è riscontrato un incremento di interesse delle Autorità sia estere (UE e non UE), sia italiane per la comunicazione “green”.
I sondaggi dimostrano che oggi più del 60% dei prodotti recano un’asserzione ambientale e che, purtroppo, la maggioranza di queste non sono affidabili. Di conseguenza, i consumatori possono essere fuorviati o, peggio ancora, ingannati da messaggi finalizzati a suggerire una falsa impressione su impatti o benefici ambientali, fenomeno riconducibile a una pratica deprecabile e nota come “greenwashing”.
In assenza di una normativa cogente, gli standard UNI EN ISO che fin dal 2000 sono stati elaborati su richiesta della Commissione per regolamentare la comunicazione “green” e le numerose Linee guida che i singoli Stati o Istituti di Autodisciplina pubblicitaria hanno pubblicato, non sono stati tenuti in particolare considerazione.
Per ovviare a tale situazione, l’UE ha pubblicato la direttiva 2024/825/UE che ha modificato la direttiva sulle pratiche commerciali scorrette.
Attraverso la corretta applicazione della direttiva, l’UE mira a stabilire delle regole specifiche per evitare il “greenwashing” e proteggere i consumatori e l’ambiente, fornendo le linee guida per una corretta comunicazione ambientale volta a potenziare inoltre la competitività delle imprese che realmente si stanno impegnando nella sostenibilità ambientale.
Per garantire che i consumatori ricevano informazioni ambientali affidabili, comparabili e verificabili sui prodotti, la direttiva include criteri chiari su come le aziende dovrebbero formulare i green claim e come dimostrare, con evidenze di supporto documentate, tali asserzioni. La Direttiva, tuttavia, non è ancora pienamente applicabile, in quanto necessita di recepimento da parte dei singoli Stati e la deadline per tale recepimento è fissata al 26 settembre 2026.
In questo periodo, quindi, pur costituendo la stessa un importantissimo punto di riferimento, la cui conoscenza è imprescindibile, manca ancora di operatività concreta.
Allo stato attuale, quindi, occorre continuare ad applicare quegli strumenti “volontari” che, sia a livello nazionale, sia internazionale, costituiscono l’unico mezzo per una corretta comunicazione “green”.
Negli ultimi anni, particolare enfasi è stata data alle caratteristiche ambientali del packaging.
Il fenomeno si è pertanto declinato in una miriade di asserzioni ambientali che poggiano sulle capacità di sostenibilità ambientali dell’imballaggio, utilizzato per i propri prodotti, trasformando questi claim in vere e proprie leve commerciali.
In questo contesto di non certezza, il workshop si concentra sia sull’applicabilità dell’attuale quadro giuridico di riferimento anche attraverso l’analisi di alcune pronunce delle Autorità di vari Paesi, sia di quello futuro con un approfondimento del testo della direttiva 2024/825
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